Nel sogno quel tipo lo vidi enorme, vestito come un bidello degli anni Sessanta; svolazzava a pochi centimetri da terra, come un Hovercraft, avvicinandosi minacciosamente, torvo, per allontanarsi poi repentinamente, in una ridicola altalena, proferendo minacce riguardo al fatto di lasciare in pace la sua fidanzata; la quale, nuda e grassa e non priva di un certo appeal, era peraltro impegnata a rotolarsi lascivamente in una sorta di grande acquario quasi svuotato, divertendosi un mondo con un'altra donna meno opima ed altrettanto nuda. Essere minacciati è sgradevole, certo, ma esserlo per giunta per il motivo sbagliato è davvero intollerabile: estrassi da qualche parte una scacchiera: il signor Hovercraft mi scambiò per la Morte di Bergman, e divenne cordiale, molto, molto meno alto e si congedò come se fosse la sua fermata, sparendo chissà dove. Le due spudorate nuotavano ora fianco a fianco, sincrone, in un silenzio perfetto, nel gelo artificiale della vasca delle foche. In effetti, ora erano delle foche. Svegliandomi, mi sorpresi di come all'improvviso la luce che entrava nella mia stanza si fosse fatta più fredda, autunnale; e dire, pensai, che solo ieri i riflessi gialli ed azzurri sui vetri mi avevano fatto sentire, mezzo addormentato, mentre spiavo lungo la schiena nuda l'ideogramma della sua spina dorsale, che gran festa di pigri mammiferi può essere l'Estate.